Le regole che Stanley aveva messo a punto servivano a garantire il perfetto funzionamento di Abbots Mead. Bastava seguirle alla lettera. Me ne ero accorto già dai primi giorni, quando mi aveva suggerito di non fidarmi mai dei receptionist degli alberghi o dei portieri dei palazzi ma di consegnare i documenti sempre e solo nelle mani dei diretti interessati. Si sforzava in ogni modo di prevenire i problemi. E non amava perdere tempo in chiacchiere: dopo aver dato indicazioni generali a voce, per i compiti di routine comunicava lasciando note scritte e bigliettini sulle scrivanie.

Con lui non esistevano sprechi, ma neanche risparmi. Si svegliava verso le dieci o le undici di mattina, a volte anche a mezzogiorno, e alla sera andava a letto molto tardi per sfruttare fino all’orario di chiusura gli uffici della Warner in America. La mattina presto, quando ancora stava dormendo, io, Andros e Margaret iniziavamo a lavorare e sbrigavamo i compiti che ci aveva lasciato poche ore prima, quando si era buttato a letto. Al suo risveglio trovava tutto risolto e ricominciava il giro. In questo modo sembrava non si fermasse mai; e in effetti era così.

Ognuno di noi aveva ricevuto in dotazione un kit buono per ogni occasione. A me aveva dato una valigetta ventiquattrore che conteneva i fogli dell’assistenza per le Mercedes e le altre automobili, il tesserino dell’assicurazione automobilistica e qualunque altro documento che poteva servire nelle mie commissioni. Portarsi dietro un ufficio mobile diminuiva le possibilità di dover rientrare alla base e perdere tempo. Lui stesso faceva altrettanto, inzeppando di penne, fotocopie, fogli bianchi e registratori a minicassette le tasche e i taschini dei suoi giubbotti.

Nelle mie invece non sarebbero mai dovuti mancare due bloc-notes, uno grande e uno piccolo, due penne (una di riserva) e il day-timer – un’agendina con una settimana per pagina su cui dovevo annotare nomi di persone, indirizzi di uffici, orari di appuntamenti, numeri di telefono e prezzi di svariati oggetti. La dimensione del bloc-notes era stata scelta per entrare esattamente nelle tasche anteriori della mia camicia. Su questo indumento Stanley era stato molto preciso: da quando lavoravo con lui avevo iniziato a indossare solo camicie che avessero due tasche davanti; nella tasca destra tenevo il blocco per gli appunti, i biglietti che lui mi lasciava e gli scontrini; nella sinistra i contanti, la patente ed eventuali documenti di riconoscimento. Le tasche dovevano essere chiuse con dei bottoni, in modo che il contenuto non si rovesciasse se mi fossi chinato. Nel portafoglio mi aveva chiesto di tenere costantemente cinquecento sterline: servivano per coprire qualunque spesa dovessi fare durante l’orario di lavoro. Se spendevo dei soldi, tornato a casa dovevo riprenderne altri in modo da averne sempre cinquecento in tasca.

Il kit per le automobili prevedeva una valigetta di primo soccorso, una torcia, un accendino e altre penne sparse nei cruscotti, ma anche tre rotoli di corda da trenta metri da usare nel caso ci fossimo imbattuti per strada in un cane ferito o abbandonato (legare il cane, portarlo da un veterinario, accoglierlo a Abbots Mead e cercare una persona fidata a cui regalarlo), una museruola da usare se il cane era un po’ agitato e dei guanti robusti di pelle, utili per lo stesso cane o se avessimo trovato un gatto particolarmente arrabbiato.

Negli uffici non doveva mai mancare una scorta sufficiente di carta per la fotocopiatrice, una riserva di bloc-notes e quaderni per gli appunti, più un corredo infinito di penne biro e stilografiche. Stanley era un maniaco delle stilografiche, ne aveva diversi modelli e gli piaceva da morire scrivere intingendo il pennino nelle boccette di inchiostro. Era così entusiasta delle sue Parker che tentò di contagiarmi regalandomene una, confezionata in una scatola di lusso.

«Stanley, perché mi fai questi regali? Non la so neppure usare, mi trovo meglio con le biro.»
«No» rispose lui, rimettendomi la scatola nelle mani, «per favore, accettala.»
Dovetti accettarla, ma la tenni a casa chiusa in un cassetto e continuai a scrivere con le biro da venti pence.

Ma Stanley non si accontentava di un semplice grazie. Qualche settimana dopo tornò con un nuovo scrigno di legno lucido firmato Montblanc. Lo aprii e trovai un set di penne e matite, con due biro, «così puoi usare quella che vuoi».
«Stanley, me le ruberanno! Perché mi fai questi regali costosi? Non mi servono.»
«Le tieni a casa. Marisa e Jon possono farci i compiti.»