Giovanni Nardi, del Quotidiano Nazionale, ha intervistato Emilio D’Alessandro durante il Festivaletteratura di Mantova: una chiacchierata piacevole all’ombra dei tendoni in Piazza Leon Battista Alberti, alle spalle della Basilica di Sant’Andrea, per raccontare del primo incontro con Kubrick nel salotto di Abbots Mead, della collezione di macchine da scrivere, della batteria che Kubrick suonava raramente, delle telefonate con gli altri grandi registi.

D’Alessandro non fu solo l’autista privilegiato del regista e del suo entourage, dai familiari agli animali di casa, ma anche il confidente, l’amico, e talvolta anche il traduttore, come nel caso dei colloqui tra Kubrick e Fellini. [...] Impossibile estorcergli qualche particolare confidenziale. [...] Ma in questi trent’anni – gli chiedo – non ha mai avuto neppure una multa? «Mai – risponde orgoglioso – anche se una volta…» Una volta? «Portavo a bordo Ryan O’Neal, inseguito da un’orda di fan scatenate. Io le seminai sfrecciando per le strade di Londra.» E poi saluta compunto, e rimane di lui l’immagine rara di una persona onesta e perbene.